Morirono quattro passanti ignari durante l'inseguimento tra: banditi da una parte e polizia (e fotografi e giornalisti) dall'altra.
Ore 15:20, Largo Zandonai, Agenzia 11 del Banco di Napoli, Banda Cavallero, rapina appena conclusa, banditi in fuga, bottino: circa dodici milioni di lire.
Una rapina come tante di quel periodo, di cui l'opinione pubblica si era ormai assuefatta, che non finì come le altre (cioè con i soldi e i delinquenti scomparsi nel nulla) perché un impiegato, riuscì a dare l'allarme. Una volante della polizia intercettò così la Fiat 1100 D nera dei rapinatori ed iniziò un inseguimento per le vie del centro di Milano sul filo dei 130 Km/h. Pronti, i banditi cominciarono a sparare e, i tutori dell'ordine, pronti, risposero al fuoco. Fuoco ad altezza d'uomo. Fuoco tra la folla cittadina. In mezz'ora circa, nei 12 Km di corsa, vennero colpiti a morte: in viale Pisa l'autista di una cartiera sul suo furgoncino: Virgilio Odone di 53 anni; in piazza Stuparich un automobilista: Francesco De Rosa di 35 anni; in piazzale Lotto uno studente liceale: Giorgio Grossi di 17 anni; infine, Roaldo Piva, invalido e cardiopatico in carrozzella, morì d'infarto qualche ora dopo essersi scontrato con uno dei rapinatori (Adriano Rovoletto - che fu subito catturato) in fuga a piedi con il bottino sottobraccio.
In tutto ci furono circa 20 feriti tra civili e agenti.
Adriano Rovoletto, subito catturato, confessò immediatamente ogni cosa: non solo i nomi dei complici, ma anche diverse altre rapine (in tutto 18 e sempre ad agenzie di banca) compiute negli anni precedenti (la prima delle quali a Torino l'8 aprile 1963) tra Torino e Milano, alcune delle quali con qualche ferito, qualche ostaggio e, in un'occasione, durante la rapina del 16 gennaio 1967 a Ciriè, un morto (un medico di Ciriè, Giuseppe Gajottino).
Donato Lopez, all'epoca minorenne, venne catturato in casa sua il giorno dopo. Pietro Cavallero e Sante Notarnicola riuscirono a rimanere latitanti per 8 giorni, quindi vennero anch'essi catturati.
Al processo che si svolse qulche mese dopo presero tutti l'ergastolo tranne il Lopez che all'epoca era minorenne e quindi fu condannato a dodici anni e mezzo.
Pietro Cavallero, il capo della banda, nonché figura carismatica e controversa, dopo circa vent'anni di pena scontata, si pentì e dal 1988 lavorò al Sermig (Servizio missionario giovanile - fondato da Ernesto Olivero) di Torino. Morì di cancro il 28 gennaio 1997.
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