Testo online da martedì 19 marzo 2013
Ultima modifica del martedì 19 marzo 2013
Scritto nel 1903
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La muta
Settembre, ora nel pian di Lombardia è già pronta la muta dei segugi, de' bei segugi falbi e maculati dall'orecchie biondette e molli come foglie del fiore di magnolia passe. La muta dei segugi a volpe e a damma or già tracciando va per scope e sterpi. Erta ogni coda in bianca punta splende.
Presso il gran ponte sta Sesto Calende. Corre il Ticino tra selvette rare, verso diga di roseo granito corre, spumeggia su la china eguale, come labile tela su telaio celere intesta di nevosi fiori. Chiudon le grandi conche antichi ingegni, opere del divino Leonardo.
Il sorriso tu sei del pian lombardo, o Ticino, il sorriso onde fu pieno l'artefice che t'ebbe in signoria; e il diè constretto alle sue chiuse donne. Oh radure tra l'oro che rosseggia dello sterpame, tiepide e soavi come grembi di donne desiate, sì che al calcar repugna il cavaliere!
Vanno i cani tra l'eriche leggiere con alzate le code e i musi bassi, davanti il capocaccia che gli allena per mezz'ottobre ai lunghi inseguimenti. S'ode chiaro squittire in que' silenzii. Il suon del corno chiama chi si sbanda e chi s'attarda e trae la lingua ed ansa. Già la virtù si mostra del più prode.
Il buon maestro dell'arte sua si gode: talor gli ultimi aneliti esalare sembra l'Estate aulenti sotto l'ugne del palafren che nel galoppo falca. E, fornito il lavoro, ei torna al passo per la carraia ingombra di fascine: con la sua muta va verso il canile, va verso Oleggio ricca di filande.
Vapora il fiume le sterpose lande.
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