Le poesie di Gabriele D'annunzio: Lacus Iuturnae
ID Autore: 2347 ID Testo: 8714
Testo online da martedì 19 marzo 2013 Ultima modifica del martedì 19 marzo 2013 Scritto nel 1903
Lacus Iuturnae
Settembre, chiare fresche e dolci l'acqueove il tuo delicato viso miri;e dolce m'è nella memoria il mionatale Aterno in letto d'erbe lente,e l'Amaseno quando muor domatopresso l'Appia col fratel suo l'Uffente,e la Cyane ascosa tra i papÃri,e la Vella sì cara alla vitalba.E pien di deità dai colli d'Albalo specchio di Diana ancor mi luce.Ma un'altr'acqua al mio sogno è più divina.Quella m'attingi e ne riempi l'urna.Sotto la roggia mole palatinapresso il Tempio di Castore e Polluce,occhio di Roma è il Fonte di Iuturna.Deh mio misterioso amor lontano!Alte sul Foro nel meridianosilenzio stan le tre colonne pariecome d'argento cui salsezza infoschi.Gli elci neri sul colle imperialesembran ruine dei primevi boschi.Di ferrigno basalte arde la ViaSacra tra gli oleandri giovinettie i sepolcreti dei Latini prisci.Si tace il Fonte ne' suoi marmi liscicome quando Tarpeia la Vestalevi discendea con l'anfora d'argilla.Tremola il capelvenere sul tufoe sul mattone, l'acqua è glauca, tingeil suo letto lunense; una lucertasu l'ara dei Dioscuri tranquillagode in grembo alla dea di lunga face.Ombre delle farfalle in quella pace!Poc'acqua accolta, santità dell'Urbe!Le custodi del Fuoco sempiternoscendono alla marmorea piscina?o i Tindaridi rossi di latinastrage, per beverare i due cavalli?Deh lauri nuovi! Presso il putealecrescono, nel sacrario di Iuturna.Li veglia la Speranza taciturna.
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