Generale, condottiero e patriota.
Fu uno dei principali artefici dell'unità d'Italia e uno dei personaggi più popolari del Risorgimento italiano. Nacque da Domenico, di Chiavari, e Rosa Raimondi, di Loano. Il padre, capitano della marina mercantile sarda, avrebbe voluto che diventasse medico o che seguisse la carriera ecclesiastica, ma Giuseppe amava poco gli studi e preferiva la vita sul mare e i viaggi. A quindici anni iniziò la sua carriera marittima come mozzo. Durante uno dei suoi viaggi conobbe un affiliato della "Giovane Italia", la società segreta fondata da Giuseppe Mazzini e decise di iscriversi con il nome di Borel. Nel 1833, a Marsiglia, incontrò lo stesso Giuseppe Mazzini e da quel momento la causa patriotica fu al centro della sua vita. Condannato a morte dopo il fallimento dei moti rivoluzionari del 1834 in Piemonte, si rifugiò in America Latina dove combattè per l'indipendenza del Rio Grande dal Brasile e dell' Uruguay dall'Argentina. Qui avvenne l'incontro con Anita (Ana Maria de Jesus Ribeiro) che lasciò il marito per seguire Garibaldi con cui si sposò nel 1842. Anita e Giuseppe ebbero tre figli: Menotti, Teresita e Ricciotti. Nel 1841 formò la Legione Italiana e nacquero le leggendarie "camicie rosse". Garibaldi tornò come un eroe in Italia nel 1848, prese parte alla prima guerra d'indipendenza e alla difesa della Repubblica Romana dopo essere stato nominato generale comandante delle truppe della città. Dopo le prime vittorie sui francesi nel luglio del 1849, circondato dai nemici, fu costretto nuovamente ad espatriare. Durante la fuga Anita, gravemente malata, morì nelle valli di Comacchio. Nel 1854 Garibaldi tornò definitivamente in Italia e aderì alla Società Nazionale, filosabauda, assumendone la vicepresidenza. Allo scoppio della seconda guerra d'indipendenza, nel 1859, ottenne il comando di una divisione dell'esercito piemontese. Nell'aprile del 1860 organizzò la spedizione dei Mille finalizzata alla liberazione del Regno delle Due Sicilie dai Borboni: tra il maggio e l'agosto del 1860 i garibaldini riuscirono ad occupare tutta la Sicilia, raccogliendo lungo la strada migliaia di volontari, e vi instaurarono un governo provvisorio con Garibaldi dittatore in nome di Vittorio Emanuele II. Risalita la penisola, entrò vittoriosamenta a Napoli il 7 settembre 1860. Si ritirò quindi nell'isola di Caprera dove meditò la conquista di Roma, ma la liberazione della città, nel 1870, non vide la partecipazione delle camicie rosse. Nel 1880, dopo l'annullamento del matrimonio con la marchesina Giuseppina Raimondi, sposò Francesca Armosino dalla quale aveva avuto tre figli. Si spense il 2 giugno 1882 a Caprera dove si trova la sua tomba.
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