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Il bolide - Giovanni Pascoli

 

Le poesie di Giovanni Pascoli: Il bolide

Giovanni Pascoli

ID Autore: 2336
ID Testo: 8517

Testo online da giovedì 27 settembre 2007
Ultima modifica del giovedì 27 settembre 2007
Scritto nel 1903

Il bolide

Tutto annerò. Brillava, in alto in alto,
il cielo azzurro. In via con me non c'eri,
in lontananza, se non tu, Rio Salto.

Io non t'udiva: udivo i cantonieri
tuoi, le rane, gridar rauche l'arrivo
d'acqua, sempre acqua, a maceri e poderi.

Ricordavo. A' miei venti anni, mal vivo,
pensai tramata anche per me la morte
nel sangue. E, solo, a notte alta, venivo

per questa via, dove tra l'ombre smorte
era il nemico, forse. Io lento lento
passava, e il cuore dentro battea forte.

Ma colui non vedrebbe il mio spavento,
sebben tremassi all'improvviso svolo
d'una lucciola, a un sibilo di vento:

lento lento passavo: e il cuore a volo
andava avanti. E che dunque? Uno schianto;
e su la strada rantolerei, solo...

No, non solo! Lì presso è il camposanto,
con la sua fioca lampada di vita.
Accorrerebbe la mia madre in pianto.

Mi sfiorerebbe appena con le dita:
le sue lagrime, come una rugiada
nell'ombra, sentirei su la ferita.

Verranno gli altri, e me di su la strada
porteranno con loro esili gridi
a medicare nella lor contrada,

così soave! Dove tu sorridi
eternamente sopra il tuo giaciglio
fatto di muschi e d'erbe, come i nidi!

Mentre pensavo, e già sentìa, sul ciglio
del fosso, nella siepe, oltre un filare
di viti, dietro un grande olmo, un bisbiglio

truce, un lampo, uno scoppio... ecco scoppiare
e brillare, cadere, esser caduto,
dall'infinito tremolìo stellare,

un globo d'oro, che si tuffò muto
nelle campagne, come in nebbie vane,
vano; ed illuminò nel suo minuto

siepi, solchi, capanne, e le fiumane
erranti al buio, e gruppi di foreste,
e bianchi ammassi di città lontane.

Gridai, rapito sopra me: Vedeste?
Ma non v'era che il cielo alto e sereno.
Non ombra d'uomo, non rumor di peste.

Cielo, e non altro: il cupo cielo, pieno
di grandi stelle; il cielo, in cui sommerso
mi parve quanto mi parea terreno.

E la Terra sentii nell'Universo.
Sentii, fremendo, ch'è del cielo anch'ella.
E mi vidi quaggiù piccolo e sperso

errare, tra le stelle, in una stella.

 

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