I 73 ragazzi di Villa Emma: inizialmente 43, provenienti dalla Germania ma originari dell'est Europa: ragazzi Ebrei in fuga, quasi tutti orfani, i cui genitori perirono nei campi di concentramento antisemiti di Sachsenhausen, Buchenwald e Dachau. Successiviamente, nell'aprile del 1943, altri 30 ragazzi orfani e perseguitati, di nazionalità Croata, arrivarono dalla Jugoslavia, formando così il gruppo (principale) definitivo.
Questi ragazzi rappresentano una pagina di storia straordinaria: fu infatti (tra le altre cose - come ad esempio il fatto che la Palestina rifiutò i ragazzi profughi perché provenienti da un paese nemico, la Germania) l'unico caso in cui il governo italiano concesse il visto (e l'asilo), grazie all'intermediazione della Delasem (Delegazione per l'assistenza agli emigranti) di Genova, a profughi Ebrei durante le leggi razziali del 1938.
Villa Emma: un palazzo bellissimo e disabitato (disegnato dall'architetto Vincenzo Maestri e costruito nel 1898 da Carlo Sacerdoti, un proprietario terriero Ebreo che la intitolò alla moglie) sito in via Mavora a Nonantola, nei pressi di Modena, conpletamente vuoto, senza mobili, letti, acqua e luce. Inizialmente furono messe a disposizione solo due stanze, ma col tempo, la villa fu totalmente utilizzata da questi ragazzi e dai loro "angeli custodi". Tutti gli abitanti di Nomantola si affezionariono alla loro storia. In tutto furono 107 (alcuni dei quali solo di passaggio) i ragazzi profughi a trovare rifugio a Villa Emma nel periodo delle persecuzioni razziali durante la seconda guerra mondiale.
Recha Freier e successivamente Josef Indig furono le persone che si presero cura del primo gruppo di ragazzi fino all'insediamento a Villa Emma. Umberto Jacchia fu il direttore della Villa e Josef Indig il vicedirettore. Marco Schoky (Marek Silberschatz) fece l'economo, Georg Bories (Boris Jochvedson), pianista di Berlino, insegnò musica. Giuseppe Moreali, medico del paese, dopo l'armistizio dell' 8 settembre 1943, si prodigò per nascondere i ragazzi di Villa Emma (il pericolo di rastrellamento e deportazione era altissimo). Lo fece con la collaborazione di Don Arrigo Beccari, parroco del paese, ma dato che nei vicini istituti religiosi non vi era posto sufficiente, fu chiesto l'aiuto dell'intera comunità di Nonantola che rispose unita ospitando alcuni dei ragazzi spacciandoli per loro figiuoli.
Goffredo Pacifici fu un attivo collaboratore della Delasem, ed aiutò l'ultima e definitiva fuga dei ragazzi (che vennero dotati di documenti falsi prodotti dal fabbro del paese: Primo Apparuti) in Svizzera. Purtroppo venne catturato, il 7 dicembre 1943, insieme al fratello Aldo, dalla milizia fascista a Ponte Tresa, al confine con la Svizzera, perché voleva tornare in Italia per aiutare altre persone; furono, in quanto Ebrei, deportati ad Auschwitz e non fecero più ritorno.
Tirate le somme, solo uno dei 73 ragazzi di Villa Emma non si salvò. Si tratta di Salomon Papo di Sarajevo che, ricoverato in sanatorio a Gaiato di Pavullo (Modena), a causa di una tubercolosi, venne, nella primavera del 1944, trovato e deportato.
Finita la guerra, i ragazzi di Villa Emma, divenuti adulti, diedero vita alla fondazione Villa Emma dedicata alla pace tra i popoli.
Il 28 febbraio 1964, Don Arrigo Beccari e Giuseppe Moreali furono insigniti, allo Yad Vashem (museo memoriale Olocausto) di Gerusalemme, del riconoscimento di "Giusti tra le Nazioni".
Nel 1998, in occasione del cinquantenario della fondazione dello Stato di Israele, alcuni degli ex ragazzi piantarono cento alberi nel giardino dedicato all'ebraismo italiano in onore della comunità di Nonantola.
Nel 2003, il Sindaco di Haifa, su iniziativa di una cittadina ex ragazza di Villa Emma, intitolò un parco pubblico ai "Cittadini di Nonantola".
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