La diga del Gleno (che sbarrava il torrente Gleno) fu realizzata fra il 1916 e il 1923; Era lunga 260 metri, poteva contenere sei milioni di metri cubi d'acqua in un lago artificiale di circa 400.000 metri quadrati, ed era alimentato anche dai torrenti Povo e Nembo.
La diga (al tempo unico esempio al mondo di diga mista a gravità ed archi multipli - Il progetto ad archi multipli fu integrato in corso d'opera perché più economico di quello a gravità; ma non furono adottati i necessari accorgimenti strutturali ed i due progetti furono sovrapposti in modo piuttosto incompatibile) fu realizzata a 1.500 metri d'altitudine e sarebbe dovuta servire per produrre energia elettrica nelle centrali di Bueggio e di Valbona.
Il crollo della Diga del Gleno (uno squarcio di circa 80 metri sui 260 totali) avvenne il 1 dicembre 1923 tra le 7:00 e le 7:15 del mattino, ma già da almeno 2 mesi, i sentori dell'imminente tragedia erano tangibili. Infatti, sin dalla metà di ottobre del 1923, quando, durante un periodo di pioggia insistente, il bacino si riempì fino all'orlo, iniziarono copiose ed allarmanti perdite soprattutto al di sotto delle arcate centrali che, tra l'altro, non erano state ben fissate sulla roccia.
L'enorme massa d'acqua, mista a fango e ad ogni tipo di detriti, rovinò, in direzione del lago d'Iseo (distante circa 20 Km e raggiunto in 45 minuti), spazzando via diversi centri abitati della Valle del Povo e di Scalve (in provincia di Bergamo) come Bueggio, Dezzo di Azzone, ed altri nella Val Camonica (in provincia di Brescia) come Darfo, Corna, Gorzone; Angolo fu praticamente risparmiato grazie alla Gola della Via Mala che permise all'acqua di formare una sorta di laghetto prima dell'abitato. Le vittime ufficiali furono 356, ma si suppone che in realtà il numero reale superi le 500 unità.
Per questo disastro furono condannati Virgilio Viganò (della ditta Viganò che eseguì i lavori) e l'ingegner Santangelo ma la pena fu scontatissima e si ridusse a circa 2 anni di reclusione.
Dopo il crollo prese piede la voce che i lavori furono eseguiti con imperizia e con materiale di scarsa qualità; forse, causa corruzione, concussione, ed affini, chi doveva controllare il corso dei lavori (il Genio Civile) non controllò e le Istituzioni tutte preferirono pensare al proprio salvadanaio piuttosto che alla sicurezza ed al benessere del Popolo.
Il 3 dicembre 1923 giunsero a Darfo, per visitare le rovine e commemorare le vittime, il Re Vittorio Emanuele III insieme a Gabriele d'Annunzio.
Oggi, 2018, i resti della diga sono ancora lì, a monito per le generazioni future; sulle cartine il luogo è segnalato come “ruderi del Gleno”.
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