Le poesie di Alessandro Manzoni: Frammenti di "Le visioni poetiche" (Il mio genio)
ID Autore: 2338 ID Testo: 8741
Testo online da domenica 10 novembre 2013
Ultima modifica del domenica 10 novembre 2013 Scritto nel 1809
Frammenti di "Le visioni poetiche" (Il mio genio)
In quella età che, di veder bramoso,Ancor l'ingegno a le cagioni è cieco,Ascoso un Genio, anco a me stesso ascoso,Disse improvviso al mio pensier: Son teco.Ei le cose mi mostra che animosoPrimier, siccome io valgo, in luce io reco;Sicché da lui le tenga ogni corteseCui non incresca de l'averle intese.Qual compagno s'avesse a la sua viaInfin d'allora il giovinetto acerbo,Tal savio il vide, e a lui ne presagiaCose che or fora il rammentar superbo;Ben di poche memorie in compagniaNe la custodia del mio cor le serbo;Dubbio le serbo al paragon sinceroDel Tempo, certo testimon del vero.Questo Genio talor de la mia menteI freni abbandonati in man si piglia,E volge ove a lui piaccia obbedienteTutta l'alata dei pensier famiglia;Tal che dal petto interno odo soventeUna voce, che irata mi consiglia,Che almen fra tanti il primo mio concettoTorni al Fonte Divin d'ogni intelletto.Ei fra le piante, ove più spesso io sonoDi campi lodator non cittadino,A visitarmi appare, e porta in donoLe visioni ed il furor divino;Ben talor fra le cure ed il frastuonoDe la cittade a me vien pellegrino:Dissimulando io nel mio cor l'accolgo:L'alta presenza sua non sente il volgo.Ma nel mistico punto allor che l'almaDai pigri nodi del sopor si scote,Che sol di sé s'accorge, e lieve in calma,Il soffio de la vita la percote;Né giunta a soverchiarla ancor la salmaÈ de le cure e de le voglie note,Sì che il pensier disprigionato e soloBatte per aria più celeste il volo;Sempre in quell'ora il veggio, e risplendentiSchiere ha con sè d'aerei simolacri;Quai muovon per lo spazio i passi lenti,E quai festivi ed in lor luce alacri;E fan motti fra loro e parlamentiMisteriosi, e balli ordiscon sacri:Il Genio li governa; io stommi e guatoIn tanta pompa di veder beato.Ma se le viste cose a narrar prendo,Gran parte la memoria m'abbandona,Ché, i terrestri pensier sopravvegnendo,Al primo tocco di leggier s'adona;E quel pur, che a fatica in carte io stendo,Del concetto minor troppo mi suona,Ch'io sento come il più divin s'invola,Né può il giogo patir de la parola.Lui che di tanto il guardo mio fe' degnoIo prego or che anco al dir siemi in aiuto,Perch'egli è sacro e fuor del mortal regnoE troppo oltre il narrar quel che ho veduto.Ei regga l'ali mie; da lui l'ingegnoNe l'alta region sia sostenutoTanto che per la via novella e lungaL'alto argomento del mio canto aggiunga.L'alto argomento del mio canto io dico,Ben che tal volgo il chiamerà volgare
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