Le poesie di Alessandro Manzoni: A Parteneide
ID Autore: 2338 ID Testo: 8731
Testo online da domenica 10 novembre 2013
Ultima modifica del domenica 10 novembre 2013 Scritto nel 1809
A Parteneide
E tu credesti che la vista solaDi tua casta bellezza innamorarmiPotente non saria, che anco del suonoDi tua dolce parola il cor mi tenti,Vergine Dea? Col tuo secondo DucaTe vidi io prima, e de le sacre danzeO dimentica o schiva; e pur sì franco,Sì numeroso il portamento e tantoDi rosea luce ti fioriva il volto,Che Diva io ti conobbi, e t'adorai.Ed ei sì lieto ti ridea, sì lietaD'amor primiero ti porgea la destra,Di sì fidata compagnia, che primoGiurato avrei che per trovarti ei l'ertaSuperasse de l'Alpe, ei le tempesteAffrontasse del Tuna, e tremebondoDa la mobil Vertigo, e da l'ardenteConfusion battuto, in sul petrosoOrlo giacesse. Entro il mio cor fean liteQuegli avversarj che van sempre insieme,Riverenza ed Amor: ma pur sì pioAprivi il riso, e non so che di notoMi splendea ne' tuoi guardi, che Amor vinse,E m'appressai securo. E quel cortese,Di cui cara l'immago ed onorataSarammi infin che la purpurea vitaM'irrigherà le vene, a me rivolto,Con gentil piglio la tua man levando,Fea d'offrirmela cenno. Ond'io più baldoLa man ti stesi; ma tremò la manoE il cor: ché tutto in su la fronte alloraVidi il dio sfolgorarti e tosto in menteChi sei mi corse, ed in che pura ed altaAria nutrita, ed a che scorte avvezza.Mesto allor la tua vista abbandonai;Ma l'inquieto immaginar, che sempreBenché d'alto caduto in alto aspira,Sovra l'aspro sentiero a vol si mosseDel tuo viaggio, e a te fidato, al sommoStette de l'Alpe, e si librò securoSovra i vestigj e i desiderj umani.Poi riverito il tuo celeste nido,Di pensiero in pensier, di monte in monte,Seguitando il desio, ver la mia sacraTerra drizzai le penne, ed i cognatiReti giganti valicando, alfineVidi l'Orobia valle. Ivi un portentoAl mio guardar s'offerse: una indistintaAeria forma or si movea qual puraNuvoletta d'argento, ed or di neveFiocco parea che un bel cespuglio vesta.Ma pur l'immagin bella e fuggitivaTanto con l'occhio seguitai, che veraAlfin m'apparve, a te simile alquanto,Vergin né tocca né veduta ancora,E d'immortal concepimento anch'ella.Non tenea scettro, non cingea coronaSe non di fiori; e sol di questi vaga,Fra i color mille, onde splendea distintaLa verdissima piaggia, or la viola,Or la rosa sceglieva, or l'amaranto,Tal che Matelda rimembrar mi feo,Qual la vide il divin nostro PoetaNe l'alta selva da lui sol calcata.Ed ecco alfin, del mio venire accorta,Volger le luci al pellegrin pareaPiene di maraviglia, e la rosataFaccia levando, mi parea guardarlo,E sorridere a lui come si suoleAd aspettato. E quando io, de la divaBellezza innebriato e del gentileAtto, con l'ali de la mente a leiAppressarmi tentai, se udir potessiCome in cielo si parla, affaticateCaddero l'ali de la mente, e al guardoTacque la bella vision. Ma sempreDa quel momento la memoria al coreDi lei ragiona. E quando in sul mattinoLeve lo spirto dal sopor si scioglie(Allor per l'aria de' pensier celestiLibero ei vola, e da le basse voglieDe la vita mortal quasi il divideUn deserto d'oblio), sempre in quell'ora,Più che mai bella, quella eterea VirgoMi vien dinnanzi. Or d'oro e d'onor vaniNessun mi parli; un solo amor mi regge,Sola una cura: degli Orobj dorsiRivisitar l'asprezza, e questa Diva,Deh mel consenta!, accompagnar primieroPer le italiche ville pellegrina.Che se l'evento il mio sperar pareggia,Se né la vita né l'ardir mi falla,Forse, più ardito condottier già fatto,Te piglierò per mano; e come io valgo,Maraviglia gentile a la mia sacraItalia io mostrerotti, a quell'augustaD'uomini Madre e d'intelletti, augustaDi memorie nutrice e di speranze.
Chiunque tu sia, lascia il tuo Commento alla poesia di Alessandro Manzoni: A Parteneide
Il Nino! - la Piazzetta venticinque punto otto! (1961 ÷ 2019 all right reserved)